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VERBANIA – 27.02.2016 – I saggi hanno quasi finito.

Martedì sera è convocata l’assemblea degli iscritti del Pd verbanese, la seconda dopo le dimissioni del segretario cittadino Riccardo Brezza. Il principale argomento all’ordine del giorno è la relazione dei cinque membri il “coordinamento temporaneo”oordinamento temporaneo” scelto l’8 febbraio per traghettare il Pd verso la fase congressuale e le elezioni del segretario.

I saggi, termine che non piace a tutti ma che rende l’idea del ruolo, cioè Mariano Bolognesi, Fabrizio Caretti, Rino Romano, Marco Maierna e Giovanni Piana hanno elaborato un documento da sottoporre agli iscritti. Il testo è frutto di una mediazione tra chi, l’anima marchioniniana del direttorio (Bolognesi e Maierna), avrebbe voluto fornisse qualche elemento in più identificativo della figura del prossimo segretario – magari esterno al gruppo dei consiglieri comunali –, e chi (gli altri) lo ritengono una sorta di manifesto delle buone intenzioni. E come tale dovrebbe essere presentato per costituire una base di partenza per la vera contesa: l’elezione del nuovo segretario del partito. L’assemblea dovrebbe decidere il quando e il come, lasciando poi spazio alle (almeno) due correnti di esprimere il proprio nome e di avviarsi al voto, possibilmente entro marzo-aprile.

Resta intanto aperta la “ferita” apertasi lunedì sera in Consiglio comunale, quando 9 consiglieri Pd hanno presentato una mozione che “frena” il sindaco Silvia Marchionini sul forno crematorio, ricevendo un ampio consenso di Palazzo Flaim e spaccando il partito con l’astensione di 5, a partire dal capogruppo Marco Tartari. La parte del gruppo consiliare vicina al sindaco è risentita dei tempi e dei modi di questo dissenso, mentre la parte uscita vincitrice ora aspetta Marchionini al varco, cioè attende che – coerentemente con il voto assembleare che dà mandato alla giunta di revocare la delibera che approva il progetto Altair – faccia marcia indietro e la delibera venga revocata.

La mozione non è vincolante e il primo cittadino potrebbe anche ignorarla, ma significherebbe snobbare un indirizzo politico – peraltro passato con un solo contrario, il comunista Di Gregorio, che ha detto “no” per prendere le distanze dai marchioniniani del Pd – e aumentare lo scontro. Scontro che era già cominciato venerdì della scorsa settimana con la riunione della maggioranza in cui i dissidenti avevano annunciato l’intenzione di presentare la mozione. Marchionini aveva cercato di ricucire lo strappo, prima impegnandosi a barattare il ritiro con dichiarazioni favorevoli alle posizioni critiche, poi – in extremis lunedì pomeriggio, a poche ore dal voto – convocando proprio i saggi. La sua idea era di utilizzarli come garanti di un documento (il contrasto con il gruppo è proprio questo: dopo la vicenda del Pretorio non c’è più fiducia nelle sue affermazioni) che avrebbe neutralizzato la protesta in aula. La mediazione è fallita e a Palazzo Flaim è successo quel che è successo.

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