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VERBANIA – 18.12.2018 – Un distacco improvviso. E fatale.

Quel 18 marzo di un anno fa –un sabato di vigilia di primavera– il sole splendeva, l’aria era frizzante e nulla lasciava presagire quanto sarebbe accaduto sulla litoranea del Lago Maggiore di lì a poco. Attorno a mezzogiorno, al chilometro 29+950 della statale 34 si trovavano a transitare un’Alfa Romeo Mito con a bordo un ragazzo e una ragazza, e una moto Honda Goldwing. Il destino ha voluto che, tra le migliaia di mezzi di passaggio quotidianamente in quel punto –località Puncetta, nel territorio di Cannobio– fossero loro i “bersagli” della frana. Da un punto molto alto del versante roccioso vennero giù di colpo circa 90 metri cubi di massi e detriti. Più della metà, colpendo il montante della rete paramassi posta qualche metro sopra il piano viario e oltrepassandola, finirono sparsi per tutta l’ampiezza della carreggiata in un raggio di trenta metri. Un grosso masso di circa 10 metri cubi sfondò il cofano e la fiancata della Mito e i due occupanti, una 22enne residente a Cannero e un 26enne, ne uscirono miracolosamente illesi, con prognosi di qualche giorno. Aiutati dagli altri automobilisti che s’erano fermati alla vista della frana, non si accorsero nemmeno che in mezzo alle rocce c’erano la Honda e il corpo del suo conducente, il 67enne ticinese Roberto Rigamonti. Tra i primi a intervenire ci fu un medico svizzero fuori servizio che provò a tastargli il polso, rilevando che non vi erano segni vitali. Il decesso fu dichiarato dal medico giunto poco dopo con l’elicottero del 118 dalla centrale di Borgosesia. I due giovani furono condotti al Dea del “Castelli”, dove venne trasportata anche la salma della vittima. Con Rigamonti, avvantaggiato di circa 500 metri sulla statale, c’era un amico che con lui condivideva la passione per le moto. Anch’egli non s’accorse di nulla e solo dopo qualche chilometro, non vedendolo sopraggiungere e non ricevendo risposta alle telefonate di sollecito (il cellulare era spento), tornò indietro e si trovò di fronte al posto di blocco dei carabinieri, comprendendo che qualcosa di tragico era accaduto e avvisando i familiari dell'amico. Militari del Radiomobile, della stazione di Cannobio e vigili del fuoco furono i primi rappresentanti delle forze dell’ordine a intervenire sul posto. E a effettuare i rilievi, fotografici e non.

Fin dalle prime battute osservato speciale è stato il versante roccioso, in cui abbondante è cresciuta la vegetazione –anche attorno alle reti paramassi–, ritenuta una delle concause dello sgretolamento, insieme agli agenti atmosferici. Gli estremi catastali hanno permesso di individuare i proprietari del fondo. Il resto del lavoro l’hanno svolto i geologi e i tecnici che hanno analizzato la ripa della statale, fornendo alla Procura della Repubblica di Verbania gli elementi per ipotizzare un'accusa di frana, omicidio colposo e lesioni colpose a carico di sei persone: i due comproprietari, il sindaco di Cannobio e tre dirigenti di Anas.

 

 

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