1

frana carmine07

VERBANIA – 18.12.2018 – Il sindaco di Cannobio,

tre dirigenti Anas e i due proprietari del fondo da cui si staccarono i massi “killer”. Sono sei gli indagati –tutti raggiunti dall’avviso di chiusura indagini firmato dal sostituto procuratore verbanese Sveva De Liguoro– per i tragici fatti del 18 marzo 2017 quando, in località Puncetta a Cannobio una frana cadde sulla statale 34 del Lago Maggiore uccidendo il motociclista svizzero Roberto Rigamonti e ferendo due fidanzati a bordo di un’auto.

Omicidio colposo, lesioni personali colpose e frana sono i reati ipotizzati dalla Procura di Verbania che, in fase d’indagine, ha individuato come presunti responsabili Giandomenico Albertella, sindaco di Cannobio ma anche presidente dell’Unione dei comuni del Lago Maggiore; gli ingegneri Valter Bortolan, Raffaele Celia e Nicola Montesano; i fratelli milanesi Ruggiero e Susanna Scheller. Questi ultimi, di 70 e 71 anni, sono i proprietari del terreno dal quale si staccarono i massi. Riconoscendoli in qualche modo responsabili il comune di Cannobio ha intimato loro, già nell’estate 2017, il pagamento dei 226.868,50 euro spesi dalla Municipalità per lo sgombero e il ripristino della strada, e per la bonifica del versante roccioso. I tre ingegneri sono i vertici dell’epoca di Anas Piemonte: Bortolan, 52 anni, oggi manager della società stradale in Sardegna, è stato dirigente “Area esercizio”; il 48enne Celia era il capo compartimento Anas (attualmente è, insieme a Bortolan, uno degli 8 coordinatori territoriali nazionali e segue il centro Italia – Toscana, Umbria e Marche); Montesano, 50 anni, è stato dirigente operativo in Piemonte. Nell’ipotesi accusatoria gli indagati, ciascuno per quanto di sua responsabilità (i proprietari non facendo la manutenzione, gli altri non vigilando e non intervenendo in loro sostituzione), con comportamenti di “generica imperizia, negligenza ed imprudenza, nonché della specifica violazione delle regole cautelari” hanno provocato la frana sulla ss 34 che ha travolto la moto di Rigamonti (deceduto sul colpo) e distrutto l’auto dei due fidanzati (rimasti lievemente feriti).

L’avviso di chiusura indagini è l’ultimo atto prima della richiesta di rinvio a giudizio. Gli indagati hanno facoltà di farsi sentire e di produrre documenti e memorie. Dopodiché il pm deciderà se e nei confronti di chi procedere (oppure archiviare le accuse) con la citazione a giudizio, rimessa al vaglio del giudice per l’udienza preliminare.

Parti offese del procedimento sono la moglie e il figlio di Rigamonti, 67enne nato a Luino ma residente a Vacallo, in Canton Ticino, dov’era titolare di una farmacia; e i due feriti.

 

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicità in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di più o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Se prosegui nella navigazione di questo sito acconsenti l'utilizzo dei cookie.