MILANO – 16.12.2018 – Giampietro Munari
era un signore di Milano che amava gli animali e che frequentava il Lago Maggiore. Era nato a Milano nel 1932 e quando morì a Verbania – il 20 maggio del 2012 –, non avendo parenti stretti in vita, decise che avrebbe disposto delle sue sostanze in favore di enti e associazioni. In un testamento redatto l’anno prima del decesso diede disposizione di vendere tutti i suoi beni, mobili e immobili, e con il ricavato realizzare una cappella nel cimitero di Lambrate ove avrebbero riposato i suoi resti e quelli dei genitori. Le cifre eccedenti, invece, sarebbero state divise in parti uguali tra l’Enpa – Ente nazionale protezione animali, il Rifugio del cane di Pallanza/Intra, e l’istituto dei “Martinitt” di Milano (ente assistenziale nato come orfanotrofio). I beni, che oggi sono oggetto di una disputa legale, consistevano in immobili, auto e oggetti personali: un appartamento a Lambrate, uno (con box) a Sesto San Giovanni, uno a Stresa (con negozio, posto auto scoperto e box), uno a Pallanza dotato di posto auto, e un garage a Baveno. Parcheggiate tra i box di Stresa, Pallanza e Baveno c’erano tre vetture d’epoca. Tre i conti correnti bancari intestati a suo nome, un quarto postale. L’eredità comprendeva anche orologi, quadri, monete, mobili e oggetti vari contenuti in casa ma anche in alcune cassette di sicurezza.
Per portare a termine le volontà di Munari, dopo che saranno stati accertati i reali eredi, bisognerà procedere con la vendita di tutti i beni –che in questi anni sono stati un costo e sono deperiti– e l’edificazione della cappella di famiglia. Solo allora la cifra rimasta (se vi sarà) potrà essere incassata dai beneficiari.