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VERBANIA – 28.11.2018 – Un errore al volante

finito in tragedia o un incidente provocato (anche) da una strada pericolosa e inadeguata? È dando risposta a questo quesito, a lungo dibattuto oggi in aula dai due consulenti di parte, che il giudice Rosa Maria Fornelli il 13 febbraio deciderà se l’incidente stradale in cui a Baveno –il 20 aprile 2013– perse la vita la 45enne novarese Marta Magistrini, fu responsabilità di Autostrade per l’Italia. Il sostituto procuratore Laura Carrera ha portato in giudizio al Tribunale di Verbania, con l’accusa di omicidio colposo aggravato, l’ingegner Riccardo Rigacci, direttore del 1° tronco (Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria) della società concessionaria. A lui viene imputata la non corretta gestione della strada, la cui pericolosità – sostiene l’accusa – è stata concausa della morte. Nell’udienza odierna, l’ultima del dibattimento apertosi con le dichiarazioni dei testimoni oculari e degli appartenenti alle forze dell’ordine che nei periodi precedenti l’aprile 2013 avevano segnalato l’elevata sinistrosità di quel tratto di via Scalpellini, è stata dedicata ai periti: l’ingegner Mattia Sillo dell’Università di Pavia per la Procura, l’ingegner Francesca La Torre dell’Università di Firenze per la difesa.

Entrambi, partendo dai rilievi dei mezzi incidentati, sono giunti a una ricostruzione dell’incidente concorde. La Fiat Panda che Magistrini conduceva (in discesa) verso la statale del Sempione, al termine di una curva a destra non distante dalla galleria che porta allo svincolo, invase improvvisamente la corsia opposta, urtando l’autocarro di un artigiano di Baveno. Il veicolo da lavoro sbandò a destra e finì contro il muro; l’utilitaria dell’architetto, che s’era intraversata, fu urtata nella parte laterale destra. L’impatto non le diede scampo e morì sul colpo.

I periti stimano che al momento dell’urto la Panda viaggiasse tra i 55 e i 60 chilometri orari, l’autocarro tra 50 e 55. E concordano nel dire che, determinante per l’incidente, fu la correzione del volante che Magistrini fece, a curva ultimata, sterzando a sinistra probabilmente nel momento in cui stava perdendo il controllo. Ciò che differenzia le due perizie sono le altre considerazioni. Per l’accusa sono critiche la mancanza di cartelli di pericolo (l’unico era quello di strada sdrucciolevole); la non indicazione del limite di velocità a 40 orari; l’asfalto, mai rifatto dall’inaugurazione della strada, poco aderente; lo scarso drenaggio –quel giorno pioveva, anche se al momento dell’incidente no- al limite della carreggiata, con solchi trasversali; e la pendenza eccessiva per quel tipo di strada. Viceversa il tecnico della difesa sostiene che la strada era perfettamente adeguata, nella progettazione e nella manutenzione, e che solo la manovra dell’automobilista fu la causa del sinistro.

Il giudice ha aggiornato il processo al 13 febbraio per la discussione e la sentenza.

 

 

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