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VERBANIA - 25-07-2020 -- La richiesta di una severissima condanna,

la difesa incentrata sulla buona fede e sull’incertezza delle norme burocratiche. A quattro anni dai fatti, il processo sulle firme false per i lavori di pubblica utilità al comune di Brovello Carpugnino è giunto al capolinea. Ieri, in una lunga udienza durata mezza giornata, accusa e difesa hanno ingaggiato un braccio di ferro a distanza (l’ennesimo di un procedimento che ha volte è trasceso nei toni) che solo mercoledì, quando il giudice Annalisa Palomba ascolterà le repliche e si ritirerà in camera di consiglio, vedrà il suo epilogo.

Da un lato ci sono i 14 anni di carcere complessivi chiesti per i quattro imputati dal procuratore Olimpia Bossi per fatti che definisce “di estrema gravità”; dall’altro c’è una diversa ricostruzione dei fatti che li riconduce a mancanze formali.

Tutto ruota attorno all’allora giunta comunale. Al sindaco Cristina Bolongaro, che di professione fa l’avvocato, al suo compagno Massimo Arisi, al vicesindaco Giampiero Vecchi e all’assessore Simone Rossi. Arisi, citato a giudizio per il reato di bancarotta semplice, chiese e ottenne dal Tribunale di Verbania la messa alla prova: 360 ore di lavori socialmente utili da svolgere, da febbraio 2016, nella segreteria e nell’Ufficio tecnico del Comune il lunedì tutto il giorno, il sabato mezza giornata.

Il rapporto di convivenza tra i due e il fatto che lei fosse stato l’avvocato di lui fecero “rumore” in paese. Alla Procura giunse segnalazione che Arisi non fosse presente in Comune nei giorni previsti. Venne aperta l’indagine che, anche con l’installazione di una telecamera nascosta, si concluse in luglio con gli avvisi di garanzia e la richiesta di misure cautelari respinta dal gip. Falso ideologico, falso materiale e falso commesso dal pubblico ufficiale i reati addebitati, a vario titolo, agli indagati, diventati imputati.

La tesi della Procura è che in 37 occasioni in cui la firma di Arisi, apposta falsamente al suo posto da Bolongaro nel registro delle presenze -così ammise lei stessa interrogata in Procura- 24 volte lui era sicuramente altrove, e 13 con grande probabilità. A ratificare quei verbali sono stati il vicesindaco Vecchi, che era il referente della messa alla prova; e quando questi fu assente per problemi di salute, l’assessore Rossi.

Per il procuratore capo Olimpia Bossi è stata una gestione familistica finalizzata a frodare la giustizia, dal momento che il programma dei lavori socialmente utili, che è un protocollo rigido e prescinde da che cosa effettivamente viene fatto, ha lo scopo di “riscattare” il reato per il quale si è a processo. Un fatto gravissimo -ha osservato- perché, oltre a rivestire l’incarico di sindaco, cioè di un pubblico ufficiale, Bolongaro è anche avvocato penalista. Per queste ragioni, per lei e per gli altri tre imputati ha chiesto il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e ha avanzato pene molto severe: quattro anni e mezzo ad Arisi e Bolongaro, tre a Vecchi e due a Rossi.

Le difese, rappresentate dagli avvocati Alberto Costa, Andrea Alpicrovi, Milena Poletti e Alberto Zanetta, i fatti vanno letti in altro modo. Esauriti alcuni primi lavori, la giunta decise di affidare ad Arisi altre opere aggiuntive non previste inizialmente (pittura delle scale del municipio e rifacimento della sala consiliare) che sono durate più delle ore richieste. Il registro – hanno affermato – non è un atto pubblico, ma un brogliaccio che serve per redigere la relazione finale sull’avvenuto completamento del programma ed è stato compilato ex post solo perché non era stato aggiornato; e senza dolo, tanto che il sindaco cercò di ricostruire le date insieme all’impiegata, senza nascondere nulla.

Nel processo c’è anche il comune di Brovello Carpugnino, che in seguito a quel caso (la giunta si dimise) è andato al voto e che oggi è costituito parte civile con l’avvocato Claudio Bossi, che ha chiesto 15.000 euro di risarcimento per il danno di immagine.

 

 


 

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