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VERBANIA – 04.05.2018 – Assolto perché il fatto

non sussiste non essendo stata raggiunta la piena prova della colpevolezza. S’è chiuso così il processo a carico di un cameriere di Verbania accusato d’essersi spacciato per finanziere con lo scopo di intimidire la barista con la quale aveva avuto una discussione per un piccolo incidente stradale. Antonio Attianese, maitre in un locale svizzero, nell’ottobre del 2016 viveva in un condominio di Pallanza, al di sopra di un bar. Un pomeriggio, facendo manovra con l’auto per lasciare il parcheggio, urtò il motorino di un avventore, facendolo cadere. Ne nacque nell’immediato un diverbio rimasto però confinato alle sole parole. Più tardi Attianese, rincasato, tornò al bar per cercare di spiegare la sua condotta, riconducibile – così ha riferito – alle minacce subite dal proprietario del motorino (un cittadino marocchino) e da un paio di suoi amici. E lo stesso fece una terza volta, successivamente. Al bancone si trovava la titolare, alla quale si presentò – così lei ha denunciato – dicendo di essere un finanziere (non portava divisa, né esibì tesserini o placche) in procinto di chiamare i colleghi per un controllo fiscale. Fu invece chiamata la polizia che, giunta sul posto, raccolse le testimonianze e se ne andò.

Dalla denuncia e dai verbali raccolti è scaturito il processo per sostituzione di persona che ha visto assolto il maitre. Nell’ultima udienza, oggi, una cliente e amica della barista ha raccontato di non aver udito le parole pronunciate dall’imputato perché assente in quel momento, ma di averla aiutata a telefonare alle Fiamme Gialle comunicando il numero di targa del veicolo del presunto finanziere. Il pm Anna Maria Rossi ha chiesto l’acquisizione di quel documento, richiesta respinta dal giudice Rosa Maria Fornelli.

Il procedimento s’è giocato sulle frasi esatte che avrebbe detto il cameriere. Alla versione della barista, costituita parte civile con l’avvocato Giuliano Clementi e che ha chiesto 3.000 euro di risarcimento, la difesa s’è opposta con le parole dell’imputato: avevo detto di avere un caro amico finanziere -di cui ha fatto anche il nome ma che non è stato sentito- che se avessi avuto bisogno mi avrebbe aiutato. Nel chiedere una condanna a due mesi, però, il pm ha sostenuto che fosse una risposta inverosimile, peraltro differente da quella rilasciata in fase di indagini, quando parlò di un parente finanziere.

L’avvocato difensore del maitre, Gabriele Pipicelli, ha sostenuto la mancanza dell’elemento soggettivo e oggettivo del reato, chiedendone l’assoluzione che il giudice ha poi concesso.

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