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VERBANIA – 23.10.2015 – Chi paga per i morti d’amianto?

La domanda si trascina dal primo processo Montefibre, quando il pm Nicola Mezzina portò sul banco degli imputati i manager e i dirigenti del polo chimico di Verbania per rispondere delle lesioni dovute alle malattie legate all’esposizione all’amianto: asbestosi e mesotelioma della pleura. Da allora un processo è arrivato a conclusione con una sentenza di condanna ratificata anche dalla Cassazione, uno è approdato al termine del secondo grado – sempre con un verdetto di colpevolezza – mentre il terzo è in corso di dibattimento al tribunale verbanese e un quarto in fase di istruttoria.

Quello che ieri ha visto celebrata la sua seconda udienza è il primo in assoluto in cui viene chiamata a rispondere del danno Edison spa, cioè la società “erede” della Montefibre tramite l’acquisizione di Montedison. L’avvocato che tutela gli interessi del colosso nazionale dell’energia, il professor Tullio Padovani, sta giocando una battaglia mirata all’esclusione sulla base del presupposto che Montedison non fu mai responsabile del settore tessile ascrivibile a Montefibre dopo la fusione. Tesi, naturalmente, controbattuta dagli avvocati di parte civile: Elia Pagliarulo per Inail, Laura D’Amico per Cgil, Medicina democratica e Associazione italiani esposti all’amianto, che portano come prova il logo di Montedison stampigliato sulle buste paga e il ruolo avuto nelle pratiche Inail.

La parola finale spetta al giudice Raffaella Zappatini, che si esprimerà il 6 novembre. Se Edison dovesse diventare soggetto “aggredbile” ci sarebbe una svolta anche nei risarcimenti perché Montefibre in questo senso non ha nulla, mentre Edison dispone di potenzialità economiche ampiamente adeguate.

Al di là dei risarcimenti la vicenda Montefibre è anche una vicenda umana rappresentata dalle decine di parti civili di tutti i processi che rappresentano malati vivi e persone morte nel corso dei decenni. 

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