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tribunale 16

VERBANIA – 12.02.2019 – Saranno il medico del Dea

che la visitò subito dopo l’incidente e quello dell’ospedale di Novara che effettuò i test antidroga su sangue e urine a stabilire se quando provocò un incidente al volante era sotto l’effetto di stupefacenti. Al tribunale di Verbania s’è aperto ieri il processo a carico di una 45enne verbanese che il 10 aprile del 2017, sul rettilineo di Fondotoce tra la rotonda e la stazione ferroviaria, tamponò il veicolo che la precedeva e che s’apprestava a svoltare a destra, nel parcheggio del cimitero. L’incidente fu banale, senza lesioni e con lievi danni alla Y10 della donna e alla Toyota Aygo di un anziano della frazione. Quando sul posto arrivo una pattuglia della polizia municipale per rilevare il sinistro, la 46enne disse che non aveva con sé la patente. In realtà le era stata sequestrata due anni prima proprio per l’uso di stupefacenti. Ciò indusse i vigili a chiederle di sottoporsi ai test clinici per accertare lo stato di ebbrezza o di alterazione da droghe. Esami poi effettuati al Dea del “Castelli” in via preliminare e validati a Novara per i quali è scattata la denuncia penale per guida sotto l’effetto di stupefacenti. Destinataria di un decreto penale di condanna che ha opposto, la donna si difende puntando proprio sulle procedure mediche. Nell’udienza di ieri il suo avvocato, Alessandro Corletto, nel chiedere l’inammissibilità dei documenti medici perché l’imputata non fu avvisata che poteva farsi assistere da un legale, ha spiegato che la prima valutazione del medico del Dea era stata negativa –la signora non si presentava alterata, come hanno confermato i vigili e l’altro automobilista– e che gli esami clinici del secondo referto non sono conclusivi perché le sostanze trovate in sangue e urine non provano un consumo nell’immediatezza dell’incidente. Il giudice ha aggiornato l’udienza al 15 aprile per citare i medici e fare chiarezza sulle analisi.

 

 

 

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