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adelina

VERBANIA - 27.01.2019 - Ci sono persone

che hanno cambiato il mondo cambiando la vita degli altri. Non delle moltitudini, non dei popoli, ma delle persone. Di 43 bambini ad esempio. Tanti Adelina Guadagnucci (1913-2011) prese sotto la sua ala, in una Verbania con le ferite della Guerra ancora sanguinanti. Città di orfani e di lacerazioni che Adelina, per quanto le fu dato fare, provò a sanare in quell'Istituto Carlo Pedroni che diresse dal dopoguerra. Un'esperienza che durò dieci anni, ma nella quale si sperimentò non solo la prima casa famiglia laica italiana, ma anche un modello di convivenza che fece dello stare insieme un non scontato comandamento: bimbi del sud e del nord, orfani di fascisti e di antifascisti, ragazzini normali e "diversi" assieme nel nome di quegli ideali di democrazie e libertà che questa toscana nata sotto le Apuane tolse dal mondo ideale e mise in pratica partendo dal futuro, cominciando la sua ricostruzione dai bambini.
Di Adelina Guadagnucci e di quello che fece per gli orfani di guerra il ricordo in città resta sfumato. Una giornata della “Memoria di Adelina” fu realizzata nel 2009 dalle insegnanti Nives Cerutti e Mariella Nasini con gli alunni della Scuola elementare “Gianni Rodari”, giornata che portò anche alla realizzazione di un cortometraggio da parte del fimmaker Lorenzo Camocardi.  
Ma chi nel Verbano si ricorda oggi di lei? Eppure più che mai oggi la lezione di Adelina va raccontata, mai come ora il suo messaggio di pace, di convivenza acquista il valore delle cose universali, dei fari che ci legano al senso di umanità che non può che travalicare ogni barriera.    
Da un lato i figli dei fascisti, dall'altro quelli degli antifascisti. La lista che le impiegate del Comune le consegnano nell'aprile del '46, era divisa in due pagine. Lei non esitò, le strappò e si dimenticò da chi fossero nati quei bimbi. Aveva 32 anni, decise che la loro madre sarebbe stata lei.  Nelle memorie di Adelina, raccolte in un libro dalla scrittrice e giornalista Angela Maria Fruzzetti, il racconto vivido di quei momenti: “È proprio vero: la casa per orfani è la caserma Simonetta. Le impiegate del Comune mi consegnano un foglio facendomi notare che da una parte sono elencati i nomi dei figli dei fascisti e dall’altra i nomi dei figli degli antifascisti. Immediatamente riecheggiano in me le parole di Carlo Pedroni: “Dovrete far convivere, mettere insieme i figli dei fascisti con i figli degli antifascisti, capire gli uni e gli altri… Nell’incontro con i bambini gli adulti dovranno cercare di non essere influenzati dall’ideologia dei loro genitori, ma da quanto poteva esserci stato di positivo in loro. Fate sentire che abbiamo lottato per avere un mondo migliore”. Istintivamente strappai il foglio. Mi recai alla caserma e trovai tutto diverso da quello che avevo immaginato e soprattutto, sperato”.   

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Nata a Massa nel 1913, esule in Svizzera sin dagli anni '30, è qui che Adelina conosce il socialista Luigi Zappelli. Il primo sindaco della Verbania del dopoguerra, quando sarà il momento si ricorderà di quella educatrice scappata dal fascismo non ancora ventenne. In città ci sono 43 orfani da "collocare", hanno tra i 5 ed i 13 anni e per loro non c'è posto. E' il 25 aprile del 1946 che i primi bambini arrivano nella caserma di Intra. L'ambiente non è certo l'ideale per ospitare dei bambini, ma Adelina non si perde d'animo, pur tra mille difficoltà. Come la mancanza di soldi e in un primo momento anche l'ostilità del clero, cui era stata demandata fino a quel momento l'educazione degli orfani. Negli anni successivi, nella "nuova casa", all'istituto di Vignone, la sfida educativa di Adelina - che in Svizzera aveva acquisito competenze nella psicologia - si struttura in un 'esperienza unica accentrata su una profonda laicità, ma anche sulla scuola pubblica, che i suoi ragazzi frequentano regolarmente. Ma torniamo indietro, al momento dell'incontro: "Ero molto emozionata all’idea di accogliere quei piccoli orfani: bisognava accettarli col pensiero di aiutarli, questo era il concetto fondamentale - leggiamo nelle memorie di Adelina -. Tuttavia mi chiedevo come poteva apparire ai loro occhi un ambiente tanto squallido, nonostante avessi tentato di spezzare l’aspetto disadorno incollando alle pareti alcune cartoline colorate e ramoscelli di albero. Lo avevo fatto in segno di un primo saluto. È stato commovente. Ricordo l’espressione di sorpresa e di timore di quei bambini che, varcato il cancello, lasciavano cadere a terra il loro fagotto e, superando le prime incertezze, cominciavano a correre all’impazzata nel grande cortile, giocando e ridendo. Così, uno dietro l’altro, insieme. Ebbi l’impressione che in quella corsa sfrenata percepissero la loro libertà, appropriandosene. Quell’ampio spazio era servito sicuramente, in precedenza, per le esercitazioni militari. Erano passati da quel luogo prima gli alpini, poi i fascisti che portavano dentro i partigiani per torturarli e farli parlare. Mai si poteva immaginare che quella caserma, teatro di orrori, avrebbe potuto ospitare un giorno i loro figli, uniti in un percorso di pace e di libertà".

Adelina Guadagnucci è morta il 22 giugno 2011 all’età di 98 anni. Grazie all’opera e all’iniziativa di Angela Maria Fruzzetti, autrice de "Le Memorie di Adelina Guadagnucci – La mia vita per l’istituto Pedroni" (edizioni Memoranda) la figura dell'educatrice e il suo esempio sono arrivati fino a noi, nel 2014 è stata intitolata la scuola dell’Infanzia di Ortola (Massa) ad "Adelina Guadagnucci Ambasciatrice di Pace". Quando nel Verbano ci si ricorderà di lei? 

Antonella Durazzo

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Vignone, quello che era l'istituto Pedroni

 

 

 

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