VERBANIA – 17.01.2019 – Il “fumo” consumato e venduto,
i debiti, le minacce, la paura, le denunce e il processo. Si muove sullo sfondo del mondo dello spaccio di droga la complessa vicenda che vede coinvolto l’ornavassese E. B. e il romeno residente a Milano Klaas Patrit Dinità. Quest’ultimo è a processo a Verbania per estorsione nei confronti del primo, che l’ha denunciato dicendo di avergli dato 31.000 euro per estinguere un debito di 2.800 e d’averlo fatto sotto la minaccia di morte a sé e ai suoi familiari.
La disavventura dell’ossolano inizia il 30 maggio 2015, quando viene arrestato dalla polizia alla barriera del Lago Maggiore dell’A26. In auto ha con sé tre etti di marijuana appena ritirati a Milano. Finisce ai domiciliari e, da quel momento, il rapporto con Dinità cambia. Come, lo racconta nel maggio del 2017 ai carabinieri di Premosello, dai quali si reca per sporgere denuncia. Riferisce che inizialmente aveva con il romeno un debito di 2.800 euro che, che, nel tempo, è lievitato per pretesi interessi. L'ornavassese paga acconti su acconti ricaricando due carte Poste-pay intestate al romeno e alla compagna e ne apre –sua richiesta– una terza a suo nome che consegna al creditore, continuando a rifornirla. Al momento della denuncia stima in 31.000 euro la somma consegnata e, terrorizzato, dice di temere per la sua vita avendo visto nel garage di Dinità una pistola e che questi ha minacciato di fare del male a lui –fornisce anche la registrazione di una telefonata tra i due– ai parenti e alla fidanzata. Ai militari fornisce una descrizione del soggetto, una marca e modello d’auto e una targa parziale. Il 30 maggio 2017 la Bmw a bordo della quale viaggiano Dinità (che non è al volante ma che ha con sé, nel cruscotto, un tirapugni) e due conoscenti viene fermata dai carabinieri di Premosello. La perquisizione avviene in caserma. Nel portafogli del romeno viene rinvenuta la carta Poste-Pay intestata all'ossolano.
Parte da questi fatti il processo per estorsione e porto abusivo d’arma che s’è aperto ieri al Tribunale di Verbania. Un processo che s’è fatto complicato quando, raccontando le sue vicissitudini al giudice Rosa Maria Fornelli, l’ornavassese (che non è costituito parte civile) ha aggiunto, rispetto alla denuncia, che per pagare il suo debito ha spacciato per conto di Dinità, in 18 mesi tra il 2015 e il 2017, 10 chili di hashish e marijuana (la cocaina che mi aveva messo in tasca l’ho buttata – ha riferito – perché fa male e non volevo venderla) che hanno reso all’altro 110.000 euro.
Diametralmente opposta la versione dell’imputato, che nel rendere esame ha detto di aver conosciuto colui che l'ha denunciato a Milano, in un parco, perché entrambi avevano un cane; di essergli diventato amico e di avergli prestato nel 2015 la somma di 13.000 euro ottenuta come risarcimento assicurativo dell’incendio dell’auto. Quel denaro, che serviva per pagare un debito con alcuni spacciatori albanesi della zona di Verbania, l’ha chiesto indietro più volte ricevendone tramite Poste-Pay circa la metà. “Mai avuto a che fare con la droga”, ha testimoniato il romeno, che interrogato sulla sua presenza a Ornavasso il 30 maggio 2017, ha detto di essere andato con amici a fare un giro sul lago perché gli piaceva il posto e che, essendo di strada, insieme erano andati a cercare il conoscente.