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tribunale 16

VERBANIA – 02.12.2018 – L’indagine partì dalla soffiata

d’un confidente su finti incidenti con frode e accelerò con la scoperta di un’auto rubata, reimmatricolata e venduta. È nata così, a fine 2014, l’operazione “Cash for crash” con cui la questura di Verbania, nel gennaio 2017, arrestò quattro persone per associazione a delinquere, truffa aggravata, falso, ricettazione e riciclaggio. Quest’ultimo è il reato più grave, che prevede pene severe e che ha spinto tre dei quattro a scegliere riti alternativi. Davide Zenoni, titolare della Zenocar di Omegna, ha patteggiato in fase di indagini 3 anni, 6 mesi, 21 giorni e 6.000 euro di multa. Andrea Pirozzini, di Gravellona, ha concordato davanti al gup una pena di 3 anni, 4 mesi e 5.000 euro di multa. Nella stesa udienza Daniele Stuppino è stato condannato, con rito abbreviato, a 3 anni, 6 mesi e 6.000 euro di multa.

L’ultimo a dover fare i conti con la giustizia è il fratello Carmelo, che –assistito dall’avvocato Gabriele Pipicelli– ha scelto di andare al dibattimento nel processo che s’è aperto in settimana davanti al collegio del Tribunale di Verbania. La prima udienza è stata dedicata per intero, senza nemmeno esaurire l’esame, al primo dei testi dell’accusa, l’assistente capo della Polstrada che seguì le indagini coordinate dal sostituto procuratore Sveva De Liguoro e che, in particolare, ha svelato i meccanismi delle frodi assicurative, per le quali sono costituite parte civile tre compagnie: UnipolSai, Zurich, Sara.

L’inchiesta

L’avvio, come detto, fu la rivelazione di un confidente secondo cui a Omegna, tra la Zenocar (concessionaria d’auto) di Davide Zenoni e la carrozzeria di famiglia (per la sola truffa hanno patteggiato 8 mesi il fratello Fulvio e la sorella Elisa, contitolari dell’attività) si simulavano incidenti e si fingeva di riparare le auto incassando i rimborsi.

Il meccanismo delle frodi

I primi controlli furono a terminale. La polizia accedette alla banca dati Ivass rilevando un certo numero di sinistri “anomali”, che vedevano coinvolti gli stessi veicoli –spesso presi a noleggio da Zenocar– e, a rotazione, le medesime persone, diverse delle quali riconducibili agli imputati. I fratelli Stuppino, ad esempio, figuravano coinvolti in 8 incidenti ciascuno. Fu stilato un elenco di 58 casi sospetti partendo dal 2008 (una parte di questi episodi è già stata dichiarata prescritta) che, approfonditi, confermarono le stranezze: gli autisti coinvolti che di volta in volta avevano il nome storpiato –la Procura sospetta che fosse per evitare un sommario controllo informatico–, le fotografie delle auto incidentate allegate alla pratica di rimborso non corrispondevano ai danni denunciati, in un caso addirittura una Polo veniva scambiata per una Golf.

La svolta

Il 20 maggio nella carrozzeria Zenoni fu rinvenuta un’auto con targhe austriache che, in realtà, era stata rubata in Italia. La Procura mise sotto controllo i telefoni dei sospettati e mandò a chiamare tutti gli autisti coinvolti negli incidenti che sospettava simulati, aspettando che questi chiamassero gli indagati –come accadde– svelando il “sistema”. Nessuno di loro è stato rinviato a giudizio, così come nessuna contestazione è stata mossa ad alcun perito.

Le auto riciclate

Oltre alle numerose frodi c’è l’accusa di aver riciclato vetture rubate e di averle vendute a ignari acquirenti. Due i mezzi scoperti, tuttora sotto sequestro (i proprietari sono costituiti parte civile), che Stuppino piazzò in Calabria. E proprio il calabrese, il dialetto in cui è solito esprimersi con i parenti più stretti e i compaesani, è stato oggetto di una perizia disposta dal Tribunale, che ha fatto tradurre in italiano le intercettazioni telefoniche selezionate per il processo, altrimenti incomprensibili.

 

 

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