VERBANIA – 24.11.2018 – L’allarme era già stato dato
in tutte le sedi, finendo anche sul tavolo della Procura della Repubblica. Risale al giugno del 2015 l’esposto-querela che, redatto dallo studio legale Brocca di Verbania, alcuni frontalieri avevano sottoscritto e depositato affinché fosse chiaro, anche all’autorità giudiziaria, il pericolo che quotidianamente correvano (e corrono) coloro che quotidianamente percorrono la statale 34 del Lago Maggiore. La data è successiva all’evento del 17 novembre 2014, cioè alla frana di Cannero Riviera che isolò l’alto Verbano per una cinquantina di giorni. Ma è precedente al 18 marzo 2017, il giorno in cui un masso si staccò dal versante roccioso in località Puncetta di Cannobio (nel medesimo punto in cui si lavora in questi giorni) travolgendo e uccidendo il farmacista svizzero Roberto Rigamonti. Ed è, purtroppo, ancora attuale oggi, perché una soluzione definitiva ai problemi di percorrenza dell’arteria internazionale non è ancora stata messa nero su bianco o, quantomeno, non è chiaro quando verrà portata a termine.
Nell’esposto del 2015, pur non nominati direttamente, si chiamano in causa lo Stato (proprietario della strada) e Anas (il gestore) – “la funzione primaria dell’ente proprietario della strada è garantire la sicurezza della circolazione” –, tenuti a monitorare, vigilare e a intervenire in caso di necessità. “Il comportamento colposo e/o negligente del soggetto preposto al mantenimento della sicurezza stradale, che ha comportato da ultimo gli accadimenti sopra descritti (la ricostruzione dei diversi episodi franosi degli ultimi anni, ndr) – si legge nell’esposto –, infatti, ha creato, di fatto, una costante situazione di pericolo per la vita e l’incolumità fisica sia degli utenti della strada (…), sia degli addetti ai lavori di messa in sicurezza e ripristino della circolazione stradale ivi impegnati”. A sostegno di questa tesi viene citata una sentenza della Cassazione (anno 2014) secondo cui “ciò che caratterizza il pericolo per la pubblica incolumità è semplicemente la tipica, qualificata possibilità che le persone si trovino coinvolte nella sfera di azione dell’evento disastroso”.
Queste riflessioni del 2015, che lette a distanza di tre anni e dopo due frane (di cui una mortale) suonano come una macabra previsione, si concludevano con l’invito alla Procura “a voler disporre gli opportuni accertamenti (…), valutando gli eventuali profili di illiceità penale degli stessi e, nel caso, individuare i possibili responsabili per procedere nei loro confronti”. E valevano come l’intenzione di voler considerare l’esposto una formale querela “qualora dagli accertamenti emergessero fatti-reato procedibili a querela di parte”.