VERBANIA – 26.09.2018 – Solo, legato a un palo

sotto un ponte, con un guinzaglio corto di un metro, lontano da due ciotole per acqua e cibo (peraltro vuote) e protetto solo da un telo di cellophane. Così si presentava il 5 febbraio del 2017 il cane meticcio di circa due anni che un operatore del canile municipale di Verbania era andato a recuperare a Brovello Carpugnino. La richiesta di intervento era giunta al servizio di accalappiamento direttamente dai carabinieri, che avevano raccolto una segnalazione. L’operatore vide il cane denutrito e malridotto, lo fotografò immortalando anche l’ambiente in cui era ospitato e lo condusse nella cuccia sanitaria del canile di Verbania. Venne chiamata la veterinaria convenzionata con la struttura, che visitò l’esemplare trovandolo fortemente deperito, malnutrito e con sospette infezioni parassitarie in corso. Prelevò campioni di feci per le analisi, si raccomandò agli operatori di non alimentarlo eccessivamente perché, essendo in stato di forte denutrizione, sarebbe potuto morire, e intervenne successivamente per ricoverarlo in clinica. La sua agonia in rianimazione durò due giorni. Affetto da pargovirosi, nonostante le cure farmacologiche, morì in seguito a una diarrea emorragica. La pratica fu affidata a un vicecommissario della polizia municipale, che interpellando l’Asl risalì – tramite il microchip – all’identità del proprietario del cane, un uomo residente a Brovello Carpugnino che ora si trova a processo a Verbania con l’accusa di maltrattamento di animali. Nella prima udienza, oggi, hanno testimoniato l’operatore del canile, la veterinaria e il vicecommissario della polizia municipale che si occuparono del caso. L’udienza è stata aggiornata al 26 ottobre.